Credito d'imposta per acquisto beni strumentali
Credito d'imposta beni strumentali
31.10.2020 by Studio Bertini & partners
Con l’articolo 1, commi da 184 a 197, L. 160/2019 (Legge di Bilancio per il 2020) è stato introdotto, in sostituzione del c.d. superammortamento e iperammortamento, un nuovo credito d’imposta per le spese sostenute a titolo di investimento in beni strumentali nuovi.
Il credito è riconosciuto in misura differenziata in ragione della tipologia di beni oggetto dell’investimento:
1. investimenti in beni ricompresi nell'allegato A annesso alla L. 232/2016 e in beni materiali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0”:
a. 40% del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
b. 20% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili, pari a 10 milioni di euro.
2. investimenti in beni immateriali (software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni) connessi a investimenti in beni materiali “Industria 4.0” (ricompresi nell'allegato B annesso alla L. 232/2016 e integrato dalla L. 205/2017):
a. 15% del costo, nel limite massimo di costi ammissibili pari a 700.000 euro.
3. investimenti in beni diversi da quelli di cui agli allegati A e B:
a. 6% del costo, nel limite massimo di 2 milioni di euro.
In quest’ultimo caso il credito è riconosciuto anche per gli investimenti effettuati da esercenti arti e professioni.
La documentazione comprovante l’acquisto
Per beneficiare dell’agevolazione è previsto uno specifico adempimento documentale. Il comma 195 dispone infatti che "Ai fini dei successivi controlli, i soggetti che si avvalgono del credito d'imposta sono tenuti a conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l'effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili. A tal fine, le fatture e gli altri documenti relativi all'acquisizione dei beni agevolati devono contenere l'espresso riferimento alle disposizioni dei commi da 184 a 194...".
In merito all’interpretazione di tale disposizione si era posto il dubbio riguardante le conseguenze di una mancata indicazione in fattura del riferimento normativo: questo conduce a una revoca dell’agevolazione ovvero solo ad una sanzione amministrativa per aver reso maggiormente difficoltosa la verifica?
Sul punto l’Agenzia delle entrate si è espressa nella direzione della prima tesi.
Assumendo una posizione analoga a quella prevista per l’applicazione dell’agevolazione Sabatini, si afferma che la fattura priva del riferimento all'articolo 1, commi da 184 a 197, L. 160/2019, non è considerata documentazione idonea e determina, quindi, in sede di controllo la revoca della quota corrispondente di agevolazione.
Tuttavia, l’Agenzia delle entrate indica anche le modalità per regolarizzare il documento e confermare quindi l’agevolazione, distinguendo tra:
· fatture emesse in formato cartaceo: in questo caso il riferimento può essere riportato dall'impresa acquirente sull'originale di ogni fattura, sia di acconto che di saldo, con scrittura indelebile, anche mediante l'utilizzo di un apposito timbro;
· fatture emesse in formato elettronico: in questo caso il beneficiario, in alternativa, può:
- stampare il documento di spesa apponendo la predetta scritta indelebile che, in ogni caso, dovrà essere conservato ai sensi dell'articolo 34, comma 6, D.P.R. 600/1973;
- realizzare un'integrazione elettronica da unire all'originale e conservare insieme allo stesso con le modalità indicate nella circolare n. 14/E/2019. Tale documento può essere inviato allo SdI (circolare n. 13/E/2018) al fine di ridurre gli oneri di conservazione.
Tale regolarizzazione dei documenti già emessi dovrà essere operata, da parte dell'impresa beneficiaria, entro la data in cui sono state avviate eventuali attività di controllo.
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