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Con il lontano articolo 30, L. 724/1994 (abbiamo oltrepassato oramai i 30 anni di questa disciplina antielusiva) il Legislatore ha introdotto significative penalizzazioni per quelle società (sia di persone sia di capitali) che, sulla base di determinati parametri di bilancio, devono considerarsi “non operative” o “di comodo”.
Con successiva disciplina (D.L. 138/2011) il Legislatore aveva poi introdotto con decorrenza dal periodo d’imposta 2011 una ulteriore “derivazione” della disciplina delle “comodo”, denominata delle “società in perdita sistematica”, che scattava qualora per 5 periodi d’imposta consecutivi la società avesse dichiarato sempre perdite fiscali, oppure 4 perdite e un reddito imponibile inferiore a quello “minimo”. Con l’articolo 9, D.L. 73/2022 recante “Misure urgenti in materia di semplificazioni fiscali e di rilascio del nulla osta al lavoro, Tesoreria dello Stato e ulteriori disposizioni finanziarie e sociali” (c.d. Decreto Semplificazioni Fiscali) viene abrogata – con decorrenza dal periodo d’imposta 2022 – la disciplina che qualificava come di comodo le società che si trovavano in perdita sistematica.
Oggi, pertanto, l’unica disciplina applicabile risulta quella introdotta con la citata L. 724/1994.
Vediamo quindi quali sono le caratteristiche principali di questa disciplina.
Ambito soggettivo di applicazione
Sono sostanzialmente interessate alla disciplina delle “comodo” le società, con tuttavia delle eccezioni che andiamo di seguito a riepilogare nel seguente schema.
Soggetti interessati
Società di capitali (Spa, Srl, Sapa)
Società di persone (Snc, Sas)
Società di fatto
Società di armamento
Stabile organizzazione di società o ente non residente
Soggetti esclusi
Società ed ente non residente privo di stabile organizzazione in Italia
Società semplice
Cooperative
Società di mutua assicurazione
Società consortile
Ente commerciale e non commerciale residente
Impresa individuale
Gli effetti fiscali
Essere classificati “di comodo” implica diversi effetti sotto vari profili:
‑ sul versante Iva si determina:
l’impossibilità di chiedere a rimborso, compensare orizzontalmente (con altri tributi e/o contributi) o cedere a terzi il credito Iva annuale;
l’effetto per cui se la società non effettua operazioni rilevanti ai fini Iva per 3 anni consecutivi, il credito Iva maturato viene definitivamente perso (recentemente, la Corte di Giustizia UE con la sentenza C-341/22 del 7 marzo 2024 – già recepita con diverse sentenza della Corte di Cassazione sia nel 2024 sia nel 2025 – ha dichiarato incompatibile con i principi comunitari la norma italiana che limita il diritto alla detrazione Iva basandosi su soglie di fatturato e, quindi, disconoscendo la perdita definitiva del credito Iva);
‑ sul versante delle imposte sui redditi e dell’Irap si determina:
l’obbligo di dichiarare un reddito fiscale non inferiore a quello minimo presunto;
nelle società di capitali è prevista una maggiorazione Ires del 10,5%;
l’obbligo di dichiarare ai fini Irap un valore minimo di produzione;
la possibilità di utilizzare ai fini Ires le perdite pregresse, in diminuzione soltanto della parte di reddito eccedente il minimo.
Come eseguire il test di operatività
Per eseguire la verifica circa l’essere o meno considerate di “comodo” (con applicazione quindi degli effetti sopra indicati), le società devono procedere a effettuare il cosiddetto “test di operatività” che consiste nel mettere a confronto la media dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi (esclusi quelli straordinari) conseguiti nell’esercizio in cui si effettua il test e nei 2 precedenti, e il valore che si ottiene applicando ai beni della società determinate percentuali che sono diversificate in relazione ai diversi assets patrimoniali sui quali viene eseguito il calcolo.
I nuovi coefficienti
Con il D.Lgs. 192/2024, di revisione del regime impositivo Irpef-Ires, sono state introdotte rilevanti modifiche alla normativa delle società di comodo. Va sottolineato che le modifiche apportate dall'articolo 20 si applicano al periodo d'imposta delle società successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 e, pertanto, per i soggetti con esercizio solare la prima applicazione delle suddette modifiche interessa il periodo d’imposta 2024.
Nella considerazione che i precedenti parametri che hanno sinora misurato la redditività presunta degli attivi di bilancio non rispecchiano i valori medi di mercato, il Legislatore ha quindi proceduto a una significativa riduzione dei coefficienti sui quali applicare il “test di operatività” che prevede il confronto tra i ricavi dichiarati e quelli ottenuti applicando alle voci dell'attivo determinati coefficienti di redditività. A seguito del recente intervento normativo, i coefficienti sono stati ridotti della metà, salvo talune eccezioni.
I nuovi coefficienti per la determinazione dei ricavi presunti
1% per le quote di partecipazione e gli strumenti finanziari
3% per la generalità degli immobili, inclusi quelli in leasing
2,5% per gli immobili classificati come A/10
2% per gli immobili residenziali acquistati o rivalutati nell'esercizio corrente e nei 2 precedenti;
0,5% per gli immobili situati in Comuni con meno di 1.000 abitanti
15% il coefficiente previsto per le altre immobilizzazioni anche in leasing (invariato rispetto al precedente)
6% il coefficiente per le navi (invariato rispetto al precedente)
ESEMPIO DI CALCOLO – TEST DI OPERATIVITÀ
Test di operatività I coefficienti si applicano sui valori medi e sui ricavi medi degli ultimi 3 bilanci
2022 2023 2024 Media Coefficiente Ricavi presunti
Partecipazioni 400.000 450.000 500.000 450.000 1% 4.500
Immobili diversi da A/10 550.000 500.000 620.000 556.000 3% 16.680
Immobili A/10 100.000 100.000 100.000 100.000 2,5% 2.500
Immobili abitativi* 100.000 100.000 100.000 100.000 2% 2.000
Altre immobilizzazioni 25.000 40.000 60.000 42.000 15% 6.300
Tot 31.980
Una volta eseguito il test di operatività, la società che risulta “di comodo” deve poi determinare il reddito presunto con una formula basata su coefficienti anch'essi rivisti dal Decreto Irpef/Ires e che sono anche essi stati dimezzati, salvo talune eccezioni.
I nuovi coefficienti per la determinazione del reddito presunto
0,75% per le quote di partecipazione e agli strumenti finanziari
2,38% per la generalità degli immobili
2% per gli immobili di categoria A/10
1,5% per gli immobili abitativi acquistati o rivalutati nell'esercizio e nei due precedenti
0,45% per gli immobili situati in comuni con meno di 1.000 abitanti
12 % per le altre immobilizzazioni
4,75% per le navi
ESEMPIO DI CALCOLO – TEST DI REDDITIVITÀ
Test di redditività I coefficienti si applicano sui valori puntuali dell’esercizio
2024 Media Coefficiente Ricavi presunti
Partecipazioni 500.000 500.000 0,75% 3.750
Immobili diversi da A/10 620.000 620.000 2,38% 14.756
Immobili A/10 100.000 100.000 2% 2.000
Immobili abitativi* 100.000 100.000 1,5% 1.500
Altre immobilizzazioni 60.000 42.000 12% 7.200
Tot 29.206
T
Decorrenza dei nuovi coefficienti per le società con esercizio “a cavallo”
Considerando che i nuovi coefficienti delle società di comodo sono applicabili dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 (articolo 20, D.Lgs. 192/2024) diversi possono essere i periodi d’imposta interessati dalle nuove misure. In particolare:
‑ una società con esercizio 1° maggio – 30 aprile applica per la prima volta i nuovi coefficienti in relazione all’esercizio chiuso il 30 aprile 2025, e se risulta di comodo applica le limitazioni Iva alla dichiarazione dell’anno 2024;
‑ una società con esercizio 1° luglio – 30 giugno applica per la prima volta i nuovi coefficienti in relazione all’esercizio chiuso il 30 giugno 2025, e se risulta di comodo applica le limitazioni Iva alla dichiarazione dell’anno 2024;
‑ una società con esercizio 1° ottobre – 30 settembre applica per la prima volta i nuovi coefficienti in relazione all’esercizio chiuso il 30 settembre 2025, e se risulta di comodo applica le limitazioni Iva alla dichiarazione dell’anno 2025.
Cause di esclusione e disapplicazione
Prima di assoggettarsi alla disciplina delle “comodo” le società soggettivamente interessate debbono verificare preliminarmente la sussistenza di condizioni di esclusione automatica piuttosto che di disapplicazione dalla disciplina. Vediamo quali sono.
Cause di esclusione previste ex articolo 30, comma 1, n. 1-6-sexies, L. 724/1994
‑ soggetti obbligati a costituirsi sotto forma di società di capitali;
‑ soggetti che si trovano nel primo periodo d’imposta;
‑ società in amministrazione controllata o straordinaria;
‑ società quotate, controllanti di quotate e controllate da quotate;
‑ società esercenti pubblici servizi di trasporto;
‑ società con almeno 50 soci;
‑ società con almeno 10 dipendenti nei 2 esercizi precedenti;
‑ società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione coatta amministrativa e in concordato preventivo;
‑ società con valore della produzione superiore all’attivo patrimoniale;
‑ società partecipate da enti pubblici;
‑ conseguimento del livello di affidabilità fiscale in base agli Isa;
‑ società consortili.
Cause di disapplicazione previste dai provvedimenti dell’Agenzia delle entrate del 14 febbraio 2008 e 11 giugno 2012
‑ società assoggettate a procedure concorsuali;
‑ società sottoposte a sequestro penale o a confisca;
‑ società con immobili locati a enti pubblici;
‑ società holding;
‑ società che hanno ottenuto la disapplicazione in precedenti periodi d’imposta;
‑ società agricole;
‑ eventi calamitosi;
‑ impegno alla cancellazione dal Registro Imprese.
Va ricordato che ciascuna delle cause di disapplicazione ed esclusione sopra indicate devono essere verificate facendo esclusivo riferimento al periodo di imposta oggetto della verifica dell’operatività.
Stop all’interpello disapplicativo generalizzato per tutti i contribuenti
Con la riscrittura dell’articolo 11, Statuto del contribuente a opera dell’articolo 1, comma 1, lettera n), D.Lgs. 219/2023 il Legislatore, nel disciplinare le diverse forme di interpello previste dall’ordinamento, ha notevolmente ristretto il numero dei soggetti che possono accedere al c.d. interpello probatorio, ovvero quello in base al quale potevano essere dimostrati anche gli elementi che giustificavano la disapplicazione della normativa delle società di comodo. Si tratta dei soggetti che aderiscono al regime di cui agli articoli 3 e ss., D.Lgs. 128/2015 (c.d. adempimento collaborativo) e i soggetti che presentano le istanze di interpello di cui all’articolo 2, D.Lgs. 147/2015 (interpello sui nuovi investimenti).
Alla maggioranza dei contribuenti realmente interessati alla disapplicazione della disciplina delle società di comodo resta, pertanto, preclusa la possibilità di presentare come in passato l’istanza di interpello alla DRE competente.
Di questo aspetto ne tengono conto le istruzioni alla compilazione del modello Redditi SC 2025 che non prevedono più la parte in cui si faceva cenno alla possibilità per tutti i contribuenti di presentare appunto istanza di interpello.
Di conseguenza, le istruzioni alla compilazione del rigo RS 116 del modello Redditi SC 2025 e del rigo RS 11 del modello Redditi SP 2025, precisano ora che deve essere utilizzato:
- il codice 1 esclusivamente da parte dei soggetti cui è riservata la presentazione dell’istanza di interpello, in caso di accoglimento dell’istanza stessa;
- il codice 2 da parte di tutti i soggetti, qualora ritengano sussistente una causa di disapplicazione della disciplina delle società di comodo e intendano farla valere in assenza di presentazione dell’istanza;
- il codice 3 esclusivamente da parte dei soggetti cui è riservata la presentazione dell’istanza di interpello, qualora ritengano sussistente una causa di disapplicazione della disciplina delle società di comodo ed intendano farla valere nonostante il mancato accoglimento dell’istanza stessa.
I codici devono essere utilizzati nelle caselle “Imposte sul reddito”, “IRAP” e “IVA”.
Comparto immobiliare: le condizioni oggettivamente invocabili
Tra i soggetti maggiormente “colpiti” dalla disciplina delle società non operative ci sono certamente le società immobiliari, stante l’elevato valore intrinseco dei beni da sottoporre alla verifica del test di operatività. L’Agenzia delle entrate con diversi interventi di prassi (si vedano le circolari n. 5/E/2007 e n. 44/E/2007) ha evidenziato alcune delle situazioni oggettive che possono essere richiamate dai richiamati soggetti operanti nel comparto immobiliare per richiedere la disapplicazione della disciplina antielusiva in commento.
Sono, nello specifico, sono considerate situazioni oggettive di disapplicazione della disciplina delle “comodo”:
‑ la presenza di immobili in corso di costruzione, che per ovvie ragioni non possono produrre alcun ricavo;
‑ la provata impossibilità di stabilire canoni di locazione sufficienti a raggiungere il livello minimo di ricavi (ad esempio, nel caso in cui i canoni dichiarati risultano almeno pari a quelli di mercato determinati ai sensi dell’articolo 9, Tuir); a questo proposito va ricordato che per la definizione del canone di mercato si può fare ricorso alle quotazioni rilevabili nella banca dati dell’Osservatorio Mobiliare Italiano (OMI);
‑ la dimostrata impossibilità di modificare i contratti di locazione in corso;
‑ la temporanea inagibilità dell’immobile;
‑ la presenza di società con un patrimonio immobiliare parzialmente inutilizzabile (ad esempio, nel caso del possesso di immobili fatiscenti);
‑ la mancanza delle necessarie autorizzazioni amministrative per poter edificare (ad esempio, il rilascio della concessione edilizia da parte del Comune).
Su questo punto si è anche espressa la giurisprudenza di legittimità (si veda la sentenza n. 3063/2019) che ha affermato la possibilità di richiedere la disapplicazione della disciplina prevista dall’articolo 30, L. 724/1994 anche nell’ipotesi di lungaggini amministrative riguardanti il procedimento di autorizzazione all’esercizio dell’attività.
Possono richiedere, inoltre, la disapplicazione della disciplina delle società “di comodo”:
‑ le società che hanno dato in locazione immobili a enti pubblici, fissando canoni soggetti a parere di congruità da parte dell’Agenzia del territorio;
‑ la società che acquista un immobile, subentrando in un contratto di locazione in corso, con canoni non congrui;
‑ la società con un contratto di locazione in corso il cui canone è fissato da anni e non può essere modificato (al verificarsi di una situazione del genere è necessario provare, però, che il canone nell’anno in cui è stato stabilito risultava almeno pari a quello di mercato);
‑ la società che procede al rinnovo del contratto adeguando il canone a quello di mercato, ma che, comunque, risulta non operativa per effetto della media triennale (in tal caso occorre dimostrare che il canone stabilito per le due annualità precedenti risultava almeno pari a quello di mercato nell’anno in cui era stato pattuito).
Come te ne sarai reso conto, la normativa tributaria è complessa e complicata, ma la possibilità di conseguire importanti risparmi fiscali sta proprio nel non lasciar niente al caso e cercare di detrarre dai ricavi quanti più costi possibili evitando di cadere in comportamenti illeciti che sarebbero pesantemente sanzionati dalle istituzioni italiane.
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